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Spedizione Audace 2009

Spedizione AUDACE 2009
 

Preparazione


Era l’agosto del 1999 quando, di ritorno da un’immersione in Croazia, trovai sul giornale “Il Piccolo” di Trieste un interessante articolo di Pietro Spirito, il quale raccontava del ritrovamento del cacciatorpediniere Audace da parte di un gruppo di subacquei triestini. Lessi il pezzo con attenzione e, visto che il relitto giaceva a un’elevata profondità, archiviai quella pagina di giornale ripromettendomi di approfondire la storia di quella nave.
Quasi dieci anni dopo sono nella baia di Cikat, sull’isola di Losjni (Croazia), nell’ambito del progetto Adriatic Exploration 2008, con l’obiettivo di esplorare alcuni relitti al largo dell’isola di Pag, e in particolare i piroscafi austro-ungarici Albanien ed Euterpe. Parlando con alcuni pescatori vengo a conoscenza della presenza di un relitto di una torpediniera tedesca denominata TA20, affondata dai caccia inglesi alla profondità di 80 metri.
 
Si tratta di un relitto poco conosciuto, sul quale i diving della zona non effettuano normalmente immersioni. Avendo ancora a disposizione un paio di giorni ci mettiamo a cercare il TA20, ma senza successo. Il fondale è di 80 metri, e il relitto si innalza solo una decina di metri nel punto più alto. Durante il secondo giorno di ricerche sull’ecoscandaglio compare qualcosa e proviamo a scendere. Sul fondo le condizioni sono pessime, con forte corrente e zero visibilità.
 
Notiamo un relitto molto incrostato, completamente armato, inclinato sulla fiancata di sinistra. Si tratta proprio del TA20, le informazioni che abbiamo ricevuto sono corrette. Il tempo di qualche scatto e dopo una ventina di minuti decidiamo di risalire. Le condizioni meteo marine iniziano a peggiorare. Un forte vento di bora, che in seguito durerà parecchi giorni, ci costringe ad anticipare il rientro in Italia, con l’amaro in bocca per non essere riusciti a documentare adeguatamente il relitto.
Tornato a Verona, faccio qualche ricerca veloce e scopro che il relitto era in precedenza un cacciatorpediniere italiano registrato con il nome Audace, requisito dai tedeschi e in seguito rinominato TA-20. Immediatamente mi ricordo dell’articolo di Pietro Spirito che conferma la mia ricerca.
 
Metto subito al corrente della mia scoperta i ragazzi del Nautica Mare Dive Team e propongo di tornare sul relitto, organizzando una vera e propria esplorazione con lo scopo di documentare adeguatamente la storia e lo stato di questa nave. Pochissimi diving della zona conoscono il relitto e inoltre non ci sono immagini subacquee che lo ritraggano.
Nel giro di pochi giorni formiamo un team di 8 persone pronte ad affrontare questa nuova sfida.

Spedizione

I subacquei del Nautica Mare Dive Team sono pronti a partire la prima settimana di luglio e iniziamo a documentarci sulle condizioni attuali del relitto. In rete non troviamo nessuna immagine subacquea che riguardi la nave e questo ci preoccupa non poco; scopriamo poi che nella zona è attiva un’intensa attività di pesca allo strascico, la quale rende spesso la visibilità pari a zero. Il nostro team è composto dal sottoscritto, tre fotografi, due videoperatori e due operatori subacquei addetti alla sicurezza, per un totale di otto subacquei.

Faremo base sull’isola di Rab, dove ha sede un buon centro immersioni, che ci potrà fornire una barca appoggio adeguata. Luca mette a disposizione il suo furgone e con altre due auto riusciamo a stivare tutta l’attrezzatura necessaria per una settimana di immersioni. Dall’Italia portiamo quindici bombole da 50 litri contenenti elio e ossigeno, poiché sappiamo che sull’isola ci sono difficoltà a reperire i gas per le ricariche.

Ogni subacqueo ha con sé almeno un bibombola da 18lt e 3 bombole per la decompressione, oltre alle telecamera o macchina fotografica. Portiamo anche la nostra stazione decompressiva formata da 3 barre e 4 palloni Polyform, la quale può ospitare contemporaneamente e comodamente tutti e 8 i subacquei e può inoltre fornire un’adeguata scorta di gas, con le bombole di emergenza di nitrox e ossigeno posizionate rispettivamente a 21 e 6 metri di profondità. Nel primo pomeriggio del 28 giugno giungiamo a Kompar, un piccolo paesino di pescatori nell’isola di Rab.

Dedichiamo il resto della giornata a montare l’attrezzatura, scaricare le bombole per le miscele e pianificare l’immersione dell’indomani.

La mattina seguente la sveglia è all’alba. Decidiamo di far scendere un team composto solo da due subacquei con il compito di controllare le condizioni di visibilità e pedagnare il relitto, in modo da agevolare le operazioni dei giorni successivi. La barca è molto comoda e ospita tranquillamente tutto il nostro materiale. Dopo qualche ora di navigazione siamo sul punto presunto dell’affondamento dell’Audace. Fortunatamente le condizioni del mare sono ottime, l’ecoscandaglio mostra un fondale di 80 metri e passando più volte sul punto presunto notiamo che il segnale si alza di soli pochi metri. Lanciamo un peso in acqua sperando che vada ad infilarsi sulla struttura della nave. Federico e io siamo i primi a scendere, senza telecamere e macchine fotografiche, solo con lo scopo di individuare il relitto.

La corrente è abbastanza forte e dopo qualche minuto siamo sul fondo. Respiriamo una miscela trimix 15/55 su un bibombola da 18lt e, oltre alle due bombole per decompressione contenenti nitrox ed ossigeno, abbiamo con noi una bombola da 11lt contenente una miscela trimix 20/30 da utilizzare in risalita dai 57 metri. La visibilità è molto scarsa e non supera i 2 metri.

La fortuna non è dalla nostra, il piombo è finito sul fondale fangoso e non sul relitto. Segnalo a Federico di vincolare il mulinello sulla cima di risalita e iniziare la ricerca. Dopo una decina di minuti individuo una sagoma scura, chiamo Federico che con un sorriso ben evidente mi fa capire che l’ha vista pure lui. Decidiamo di portare il piombo sul relitto e di legare saldamente la cima per creare ai nostri compagni una sicura via di discesa e di risalita.

Gli accordi presi in precedenza sono quelli di lanciare un pallone giallo se tutte le operazioni vanno a buon fine, ma le condizioni di scarsa visibilità e forte corrente non permettono di effettuare immersioni con un adeguato livello di sicurezza. Decido quindi di non lanciare nessun pallone, e trascorriamo gli ultimi 5 minuti del tempo di fondo a sagolare il relitto. Individuo subito un grosso cannone da 102, sul quale faccio passare il mulinello fino ad arrivare quasi a poppa. Nel frattempo Federico posiziona qualche marcatore di direzione, per agevolare la via di ritorno dei nostri colleghi nei giorni seguenti.

Risaliamo e mettiamo al corrente gli altri. Stabiliamo di effettuare un tuffo sul relitto dell’Albanien, per provare tutta l’attrezzatura. Prima di lasciare l’Audace posizioniamo una grossa boa a circa 5 metri di profondità e una piccola bottiglia in superficie, sperando che le condizioni vadano migliorando.

 

Le immersioni

Al secondo giorno, il mare è completamente piatto e ci stiamo avvicinando al punto d’immersione. Il gommone su cui si trovano Luca, Leonardo e Nicola sta tornando, per cui è stata posizionata la stazione decompressiva. Livio con Massimiliano e Federico indossano l’attrezzatura e nel frattempo la barca inizia ad ancorare. Insieme a Maurizio seguiamo la prima squadra, ci tuffiamo in acqua e dalla barca ci passano le bombole e la telecamera; collego i contatti bagnati dei fari al pacco batteria e dopo i consueti controlli iniziamo la discesa.

La situazione sembra la stessa del giorno precedente, buona visibilità fino a 40 metri, poi acqua torbida. Arriviamo sul relitto e inizio a filmare. Vedo il cannone da 102 millimetri di poppa, precedentemente sagolato, poi mi sposto sulla fiancata di dritta e noto altri armamenti completamente incrostati, presumo che siano alcuni dei sei cannoni da 20 millimetri.

Indico a Maurizio di posizionarsi di fianco agli armamenti per fare qualche buona ripresa. Decidiamo di arrivare fino a poppa, per poi scendere sul fondo per ammirare l’imponente elica. Notiamo che il mulinello precedentemente posizionato è un ottimo aiuto e ci permette di orientarci con maggior facilità. Purtroppo la visibilità non supera i 5 metri e l’idea di risalire nel blu senza alcun riferimento da 80 metri di profondità, per poi farsi una lunga decompressione in libera non mi affascina molto. Con le forti correnti presenti la barca avrà notevoli difficoltà a recuperarci.

Controllo il tempo e guardo il mio compagno, che mi fa segno di tornare indietro. Torniamo alla fiancata opposta e cerco di contare gli armamenti laterali, con lo scopo di verificare se corrispondono alle nostre ricerche storiche. Arrivati alla cima di risalita decido di fare una veloce perlustrazione nella zona prodiera. Il castello del ponte di comando forse è l’unico punto penetrabile. All’interno noto un basamento della bussola, ma Maurizio mi fa notare che il tempo a nostra disposizione è ormai scaduto e decidiamo allora di risalire.

A 57 metri passiamo alla bombola con il trimix normossico e iniziamo la lunga decompressione. In risalita incrociamo l’ultima squadra formata da Leonardo, Luca e Nicola, che ha il compito di esplorare la zona di prua. Arrivati alla tappa dei 6 metri vedo che la prima squadra ha terminato l’immersione, ma prontamente blocco Massimiliano per chiedere se sia riuscito a fare qualche buono scatto. Lui sorride, mi fa vedere una foto ed esce dall’acqua. Lo scatto è ottimo e la visibilità discreta, non è possibile che sia cambiata in pochi minuti. Usciamo dall’acqua, sistemo l’attrezzatura e finalmente Massimiliano mi mostra le immagini.

Nonostante la poca luce e la limitata visibilità ha scattato delle ottime fotografie, probabilmente l’obiettivo grandangolare molto luminoso e l’esperienza del fotografo riescono a fare miracoli.

Arrivati in porto ci aspetta un duro di lavoro di scarico e di ricarica bombole. Arrivo in camera esausto ma contento di esser stato tra i primi a vedere e documentare il relitto dell’Audace.I giorni successivi scorrono velocemente e i fotografi riescono a raccogliere altre buone immagini. La sera precedente al giorno dell’ultima immersione mi accorgo dai filmati di Livio di due lunghe slitte che arrivano fino a poppa e poi scendono verso il basso. Sembrano quasi degli scivoli per scaricare in mare delle mine o bombe di profondità.

Pianifichiamo allora l’ultima l’immersione con l’obiettivo di cercare queste presunte mine che sui libri a nostra disposizione non sono menzionate. Decidiamo di allungare il tempo di fondo a 35 minuti. Saremo ai limiti della scorta di gas, ma questo è necessario per provare a scorgere le mine. Inoltre sulla fiancata non abbiamo ancora trovato nessuno squarcio che dimostri l’affondamento.

Dedico quindi l’immersione conclusiva a individuare qualche dettaglio che possa essere utile a ricostruire quegli ultimi e tragici momenti. Ispezioniamo tutta la fiancata di destra, percorrendo la nave da poppa a prua. Ma come ho visto nelle precedenti immersioni, il relitto si presenta perfettamente integro. Solo Leonardo riesce a trovare un’apertura ma che non è abbastanza grande da spiegare l’affondamento.

Fortunatamente Massimiliano e Federico riescono a fotografare le cariche di profondità quasi completamente insabbiate, ma nessuna prova di squarci nelle fiancate. In seguito converremo che probabilmente i colpi hanno danneggiato la nave nella fiancata di sinistra, non visibile in quanto il relitto è inclinato da quella parte.

Mi avvicino alla cima di risalita e vedo che Nicola e i suoi compagni stanno attendendo che la mia squadra risalga. Lui e il suo gruppo hanno il compito di svincolare la cima di discesa.

Mentre tutti stiamo già risalendo, Luca taglia la cima e improvvisamente la corrente si ferma. Il relitto dell’Audace scorre veloce sotto di noi e durante la lenta risalita la sagoma si mescola alla sospensione, rimane solo una fievole ombra. Tale immagine mi lascia dentro un triste ricordo, pensando ai numerosi marinai che hanno perso la vita e probabilmente giacciono ancora all’interno del relitto.

Una volta in barca siamo tutti soddisfatti e consapevoli dell’ottimo lavoro svolto. Non faccio in tempo a togliermi la muta che Livio ha improvvisato, con le casse della nostra attrezzatura, una tavola apparecchiata dove regnano panbiscotto, soppressa veneta, e un’immancabile bottiglia di prosecco.

 

 

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